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Partivamo, mio padre Raimondo ed io, con i pochi indirizzi che sono riuscito a procurarmi, per incontrare chi aveva lavorato col nonno: ottantenni, novantenni e anche un ultracentenario. E’ vero che per 15 anni, e cioè dalla morte di nonno Gabriello, a nessuno era venuto in mente di farlo, ma sentivo che ora non c’era un minuto da perdere.
Ma procediamo con ordine: sapevo benissimo che per quanto la storia fosse avvincente, scrivere un libro sull’industria di gelati fondata dal padre di mio padre era pura utopia. Conoscevo una parte della storia, e per questo devo dire grazie a papà che prima di intraprendere la carriera d’Avvocato ha lavorato col nonno, mi mancavano però testimonianze sugli inizi, la fondazione. Ciò che più mi stupiva era la mancanza, fatta eccezione per qualche fotografia, di documenti riguardanti quel periodo. Possibile che in famiglia nessuno li avesse conservati?
Poi una mattina io e papà trovammo una chiave nella casa di campagna dove viveva nonna, a Romano Canavese. Era allacciata a una medaglietta di Sant’Antonio da Padova e a un piccolo crocefisso d’oro da cui Gabriello non si separava mai. Quella chiave stava in cucina da 15 anni: nonna non era mai riuscita a trovare la serratura giusta, sebbene l’avesse infilata più o meno in tutti i cassetti e le scatole. Mi tornò in mente un baule da viaggio, di quelli che usavano una volta, in cuoio e tela, con le iniziali stampate accanto alla serratura, G.C., Gabriello Cecchi. Il baule era sepolto nella cantina di Romano Canavese. Da bambino giocavo in quella cantina, la chiamavo la stanza dei fucili perché nonno ci teneva le armi con cui cacciava. Il baule era chiuso con un minuscolo lucchetto, che la minuscola chiave aprì. Ci trovai dentro tutta la vita della Gelati Cecchi: appunti, atti notarili, e poi fatture scritte a mano, lettere di Teofilo Sanson a nonno Gabriello, fotografie, ritagli di giornali, la canotta della Gelati Cecchi Basket Biella firmata Rudy Bennet, vecchie tabelle in ferro smaltato, insegne luminose, bozzetti pubblicitari, coppette in cartone e portaconi. Non c’era nessun diario del nonno da cui trarre un libro, ma in quella valigia c’era molto di più. C’erano le ricette dei Gelati con cui il nome Cecchi era diventato famoso: Capriccio, Canestrino, Secchiello, Mattonella, Graziella, Nobilino, Parigina, Canguro, Mela Cha Cha Cha e il mitico Cecchino.
Non ci potevo credere, era un sogno: in quel baule c’erano anche le formule originali del gelato artigianale, l’antica crema, la stracciatella, la gianduja e tanti altri. Solo una persona al mondo custodisce quelle ricette ed è un mastro gelataio di Torino, famoso per la qualità dei suoi prodotti. A lui nonno Gabriello le aveva consegnate prima di abbandonare il gelato artigianale e dedicarsi all’industria. A lui che ancora oggi le adotta scrupolosamente non avrei mai potuto chiederle, per ragioni di rispetto.
Ora che ho rovistato nel baule, studiato tutte le fotografie, letto appunti e lettere e ricette, scartabellato gli album e le vecchie pubblicità, ora posso dire di aver conosciuto la Gelati Cecchi. Frammenti di storie senza fine e senza inizio che hanno accompagnato la mia infanzia hanno trovato la loro legittima conclusione e il loro incipit. Racconti incompleti hanno preso forma e senso. Oggetti scomparsi sono apparsi in luoghi impensati. Quando infine è emersa un’immagine unica, mi ha lasciato stupefatto. Perché ho visto nonno Gabriello al lavoro, al timone della sua azienda. Come se fossi stato lì. Come se fosse stato lì. Davanti ai miei occhi.
Certo è un peccato non averlo conosciuto alla sua scrivania, nella modernissima fabbrica di Vinovo, o nella gelateria dove è cominciato tutto, in Corso Palestro al 2: un imprenditore come lui doveva averne di consigli da dare, lui che è arrivato a Torino dalla Toscana e ha creato una delle industrie gelatiere più importanti d’Italia. Il destino ha voluto che tocchi a me ricominciare. Non ho abbandonato l’idea del libro, ma ora la priorità è ridare vita ai Gelati Cecchi, così come nonno li aveva immaginati nel 1936, con quelle ricette lì, e quella storia lì, che è la storia della mia famiglia.
Stefano Cecchi
![]() ![]() Nel 1936 Gabriello Cecchi si trasferisce a Torino. E’ originario di Ponte Buggianese, in Toscana, ma arriva dalla Francia, dove ha appreso da emigranti italiani l’arte del gelato. Insieme alla moglie e al fratello Tancredi, inaugura in Corso Palestro una gelateria da 200 posti a sedere con annesso laboratorio. L’ascesa dell’attività è rapida, anche grazie alla rinomata crema gialla, al tempo considerata la migliore di Torino. Questa particolare crema che nessuno è mai riuscito a copiare è il fiore all’occhiello di Gabriello. L’insegna in vetro con corsivo dorato su fondo acquamarina che domina la vetrina di Corso Palestro –Cecchi Gelati Naturali- ne rivela solo in parte il segreto. Gabriello infatti utilizza materie prim sceltissime, ma è la formula con cui le miscela a rendere indimenticabile le sue creme. Sono anni di boom per il gelato che nel secondo dopoguerra diviene prodotto di consumo di massa. Le ricette si affnano e si inventano nuovi modi per gustarlo. Alle tipiche coppette d’acciaio per il servizio al tavolo si aggiungono i coni in cialda da passeggio. A Torino le 3 insegne più importanti sono Cecchi, Fiorio e Pepino. Poi c’è chi, come Teofilo Sanson, non ha ancora un negozio e gira la città su un carretto a pedali distribuendo il gelato che gli fornisce il suo grande amico Gabriello. |
![]() ![]() ![]() Al termine della seconda Guerra Mondiale, che Gabriello combatte a fianco dei partigiani -è Comandante della Settantasettesimo Brigata Garibaldi in Italia e della Terza Internazionale in Spagna-, la Cecchi compie il salto verso l’industrializzazione. La gelateria di Corso Palestro sta stretta al suo ambizioso fondatore che è certo della qualità dei prodotti e vuole distribuirli oltre i confini di Torino. Nuovi macchinari e tecnologie si rendono disponibili: viene attrezzato così il primo insediamento produttivo in Via Abate Chanoux che dà lavoro, inizialmente, a 40 persone. La Cecchi produce gelati su stecco, coni, biscotti e secchielli. Il laboratorio è dotato di moderni impianti di pastorizzazione e mantecazione forniti dagli amici Bruto e Poerio Carpigiani; viene creata una rete commerciale di padroncini che effetuano vendita e consegne in Piemonte e Liguria. Alla crescita della produzione si accompagnano le prime, semplici, attività di promozione. |
![]() Negli anni Sessanta Gabriello Cecchi razionalizza l’organigramma aziendale e si dedica esclusivamente all’industria. Apre un nuovo e moderno insediamento produttivo da 3000 metri a Vinovo. Accanto a lui c’è ora il ¬figlio Raimondo, fresco di laurea in giurisprudenza. La Gelati Cecchi arriva ad avere 300 addetti, con una rete di 120 agenti che, spingendosi in tutto il Nord Italia e in parte della Costa Azzurra, arrivano a rifornire 1500 punti vendita. ![]() ![]() |
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Raimondo - 1870 Piccolo proprietario terriero toscano, iniziò a sperimentare le prime basiche tecniche del freddo e della mantecazione che passò al figlio Gabriello. Alcune delle sue invenzioni sono sopravvissute sino ai giorni nostri. |
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Gabriello - 1914 Comandante Partigiano, Commendatore e Cavaliere, apprese l’arte pionieristica di fare il gelato dal padre e la raffinò in Francia. Fu il grande artefice e il patriarca della storia della Gelati Cecchi dal 1936 al 1973 e sicuramente il più importante esponente dell’Industria gelatiera Italiano del primo dopogurerra. Restó poi, dopo la vendita, Presidente Onorario e Dirigente del Gruppo Italgel e Motta - Nestle’ fino agli anni ’90. In vita fu insignito dei titoli di Commendatore della Repubblica, Cavaliere del Lavoro, Commendatore di Merito dell’Ordine Militare di Santa Brigida di Svezia e gli furono altresì conferite la Croce di "Commandeur de Premiere Classe du Merite" dell’ Ordine della Corona Belga per la filantropia e l’incoraggiamento al bene e la Croce al Merito di Guerra dell’Esercito Italiano in seguito ad attivita’ partigiana per la liberazione della città di Torino. Wikipedia - Gabriello Cecchi |
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Raimondo - 1938 Laureato in legge, affiancò il padre negli anni d’oro dello sviluppo della Gelati Cecchi e fu l’artefice della vendita a Barilla che acquisì i 4 marchi di Italgel attraverso la controllata Tanara per poi cederli alla Nestlé. Raimondo fu Presidente per un biennio dell’Associazione Nazionale di categoria che aveva tra i soci Motta, Alemagna, Besana, Algida, Chiavacci, Sammontana, Toseroni, Sanson, Tanara e fu Presidente e sponsor della Gelati Cecchi Biella, squadra di basket che militava in Serie A1. Dopo la vendita della Cecchi nel 1973, amministrò fino agli anni ’90 le boutique San Carlo a Torino. Nel 2000 accettò la carica di Presidente della Canottieri Esperia 1886, che mantenne per oltre un decennio ottenendo dal comitato olimpico di ospitare "Casa Sassonia" durante le olimpiadi invernali del 2006. |
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Stefano - 1971 Ha frequentato il college negli Stati Uniti e ha studiato Economics all’università a Londra, dove ha vissuto fino all’età di 30 anni. Esperto di marketing e comunicazione, nel 2014, anno in cui ricorre il centesimo anniversario della nascita del Cavaliere, ha ridato vita al marchio di famiglia Gelati Cecchi 1936 internazionalizzando l’azienda per rendere le ricette e gli indimenticabili gusti del Nonno disponibili in tutto il mondo, utilizzando semplicemente la tecnica del freddo. Wikipedia - Stefano Cecchi |
Via Santagata, 50
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www.alifood.it
86 Jermyn Street
London SW1Y6AW
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GELATERIE DIRETTE
Nelle nostre gelaterie, il gelato a etichetta pulita è fatto solo con latte di mucche Montbéliarde e con uova da allevamento all’aperto, ed è assolutamente privo di conservanti.
Ho.Re.Ca. + INTERNAZIONALE
Il gelato per l’Ho.Re.Ca. (Hotel, Restaurant & Cafè) e per il mercato INTERNAZIONALE viene prodotto e spedito sotto specifiche direttive da Menodiciotto senza conservanti e con l’utilizzo della sola tecnica del freddo per la conservazione e il trasporto.
Cecchi 1936 - Gift Box Pasqua 2020
Gelati Cecchi - Family History (Download PDF)